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Riciclaggio e contrabbando: in Italia scattano le depenalizzazioni

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Riciclaggio e contrabbando: in Italia scattano le depenalizzazioni

Se fino a qualche mese fa uno dei reati finanziari salito in vetta alla lista di quelli ritenuti più deprecabili era il riciclaggio, ora il vento sembra essere un po’ cambiato. Almeno in Italia.

Con i decreti sulle depenalizzazioni varati dal governo Renzi a metà gennaio ed entrati in vigore ai primi di febbraio, un paio di reati penali relativi al riciclaggio non sono più tali, ma sono stati derubricati a sanzioni amministrative.

Difronte infatti alla omessa identificazione e registrazione della clientela da parte di banche, Poste, società di gestione del risparmio, compagnie di assicurazione, non c’è più il rischio di vedersi sporcare la fedina penale.

Per contro, però, il legislatore italiano ha previsto un inasprimento dell’aspetto pecuniario, quindi la sanzione amministrativa che sostituisce la rilevanza penale del fatto, ha subito un incremento superiore al doppio e così la multa può arrivare anche a 30mila euro, contro il precedente massimale che arrivava a 13mila euro.

Non rischiano più quindi la prigione gli intermediari, i professionisti e i revisori che non rispettano gli obblighi previsti dal decreto 2007 con cui l’Italia aveva recepito la direttiva europea sulla “prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo“. Perdono rilevanza penale la mancata “verifica della clientela”, obbligatoria tra l’altro quando “vi è sospetto di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo” e quando quei soggetti “eseguono operazioni occasionali disposte dai clienti che comportino la trasmissione o la movimentazione di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a 15.000 euro”. Solo multe anche per chi non ha registrato e conservato in un archivio informatico la documentazione servita per la verifica e l’identificazione del cliente stesso e per i revisori e sindaci che non comunicano alle autorità di vigilanza “gli atti o i fatti” che possono costituire violazione delle norme antiriciclaggio.

A finire depenalizzati sono stati, inoltre, anche tutta una serie di altri “ex” reati come l’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali fino a 10mila euro, l’emissione di assegni da parte di istituti non autorizzati, gli atti osceni, ecc…

Novità che riguardano anche gli amministratori e gli intermediari finanziari che impediscono ai revisori di verificare lo stato di salute della loro società o di accertare irregolarità, nascondendo documenti o utilizzando “altri artifici”: anche tali atti infatti non sono più reato. La sanzione ovviamente è rimasta ma ha subito, al contrario di quella per gli ex reati connessi al riciclaggio, una diminuzione, dato che la multa ora varia  10mila a 50mila euro contro i 75mila euro di massimale previsto fino a prima dell’entrata in vigore.

Una depenalizzazione che forse a qualcuno è rimasta un po’ indigesta, tanto che il ministero della Giustizia italiano ha poi precisato, oltre alla disponibilità a “ricalibrare la sanzione” per i manager che ostacolano i revisori, a emettere una nota in cui precisava che a uscire dal perimetro del penale è solo il primo comma dell’articolo 29 del decreto del 2010 sulla revisione legale dei conti, quello cioè che punisce la “condotta di pericolo”. Non rientrano invece nella depenalizzazione i due commi successivi, che prevedono l’arresto fino a 18 mesi (3 anni nel caso in caso di enti di interesse pubblico) quando la condotta abbia oggettivamente “cagionato un danno ai soci o a terzi”.

Da ora in poi quindi, a meno che non sia stato causato un danno ai soci o a terze parti, i membri del consiglio di amministrazione che impediscono l’acquisizione di informazioni sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società o l’accertamento di irregolarità avranno solo una multa.

Infine, niente più rischio prigione neppure per alcuni tipi di reato relativi al contrabbando.

Scatta solo la sanzione amministrativa infatti per il contrabbando nel movimento di merci attraverso i confini di terra e gli spazi doganali, nel movimento delle merci nei laghi di confine; nel movimento marittimo delle merci; nel movimento delle merci per via aerea; nelle zone extra-doganali; per indebito uso di merci importate con agevolazioni doganali; nel cabotaggio e nella circolazione; nell’esportazione di merci ammesse a restituzione di diritti; nell’importazione od esportazione temporanea; in caso di mancato o incompleto accertamento dell’oggetto del reato e per contrabbando nei depositi doganali.

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